martedì 3 febbraio 2009

UNIVERSITA' APERTA... FINO A QUANDO?

Anche quest’anno con l’Open Day 2009 l’Ateneo urbinate pubblicizza se stesso e prova ad allettare e ad attirare nuove reclute per le iscrizioni al nuovo anno accademico. Nulla di nuovo sotto il sole. L’aziendalizzazione delle università (non solo quelle italiane) implica necessariamente la pubblicizzazione del proprio “prodotto” e vive dell’immagine di sé stessa che offre ai propri “clienti”, i futuri studenti. Peccato però che non siano molte le attrattive che la Carlo Bo possa offrire, soprattutto in questo periodo.

Nel solo mese di gennaio sono arrivate due belle stangate dal governo, e le previsioni per il futuro sono tutt’altro che rosee. Ci sembra innanzitutto giusto far sapere ai ragazzi ed alle ragazze che intendono studiare a Urbino, che il nostro ateneo non è tra quelli, pochi peraltro, considerati “virtuosi”. Oltre ai famosi tagli dei fondi previsti dalla legge 133 (che nel bilancio di previsione del nostro ateneo sono quantificati in circa 1 milione di euro), il decreto legge 180 dello scorso 8 gennaio prevede infatti il blocco delle assunzioni di nuovo personale (dai docenti al personale tecnico-amministrativo) e di nuovi concorsi interni per quelle università che superano la soglia del 90% nel rapporto tra spese per il personale ed il fondo di finanziamento ordinario. L’Università di Urbino, manco a dirlo, è tra queste, non tanto per malagestione quanto per ragioni storiche contingenti.

Meno fondi significano, oltre ad una ulteriore stagnazione della ricerca, chiusura dei corsi di laurea; ciò porta inevitabilmente un calo dell’offerta didattica, e di conseguenza ad un calo delle iscrizioni e delle immatricolazioni. Vuol dire anche aumento delle rette universitarie di tutte le università statali. E qui arriva la seconda stangata.

La popolazione studentesca continua a diminuire, e questo data anche la crescente ostilità della cittadinanza nei confronti degli studenti, nonostante essi siano il motore economico, oltre che culturale, della cittadina stessa: cittadini senza cittadinanza. Ad ogni modo il calo della popolazione studentesca è un dato oggettivo a livello nazionale. Colpa della mancanza di fondi? Dei baroni? Della crisi economica? Delle tante troppe riforme che si sono succedute negli ultimi quindici anni e che hanno compromesso ogni tipo di stabilità dell’università italiana? Senza dubbio questi fattori incidono pesantemente. Eppure la più grave carenza dell’università italiana, è secondo noi l’incapacità di tale istituzione di difendersi, di lottare per i propri nobili interessi: la trasmissione dei saperi su tutti.

Gli studenti, i docenti, i rettori non collaborano tra loro, o lo fanno in maniera superficiale, e non hanno obiettivi comuni: la frantumazione è sempre più netta. Soprattutto i rettori, invece che combattere strenuamente le due leggi sopra citate, hanno cercato e cercano di arrangiarsi come possono, di salvare come possono gli interessi dei singoli atenei, ad aggrapparsi come possono per non essere trascinati via. Il nostro rettore Giovanni Bogliolo ha già promesso che presenterà direttamente al Ministero la particolare situazione del nostro ateneo (il processo di statalizzazione si è concluso solo nel 2007 con ingenti sforzi soprattutto economici) affinché possa godere di una valutazione “ad hoc”. Poco male, ma se poi gli altri atenei cadranno piano piano in malora, o peggio saranno costretti a dare vita a procedure di privatizzazione, come previsto nella 133? Poco importa. Almeno il nostro ateneo sarà salvo.

Ed è proprio questa mentalità municipalistica e di frantumazione la grande debolezza dell’università italiana. Tutti, studenti compresi, hanno fatto troppo poco. Tutti abbiamo il dovere di fare di più, e meglio. Ed è in tale ambito che noi studenti del movimento UNIURBinLOTTA ci muoveremo nei prossimo mesi.

L’aula C1 autogestita continuerà ad essere centro nevralgico e punto di partenza delle idee che dovranno dare nuova linfa all’università, oltre che sede della didattica autogestita che continueremo a promuovere in forme sempre più organiche. Continueremo a promuovere la sensibilizzazione alle tematiche sociali, culturali, politiche inerenti e non all’università, oltre che la coesione a tutti i livelli tra istituzioni cittadine, cittadinanza e studenti. Promuoveremo un rilancio del movimento studentesco di protesta nazionale, la cosiddetta “Onda”, perché siamo convinti del ruolo fondamentale degli studenti nei processi di miglioramento dei nostri atenei, i quali devono andare con fermezza nella direzione di un’istruzione pubblica, paritaria, accessibile a tutti, meritocratica e trasparente, viva e critica.

Forse il motivetto non è più tanto di moda, forse alcuni si sono un po’ piegati, un po’ spenti, un po’ rassegnati. Ed è proprio adesso che invece lo riproponiamo con tutto il fiato:

NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO!

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